Amilcare Ponchielli nacque a Paderno (Cremona) il 31 agosto 1834. Avendo dimostrato un precoce talento musicale, fu allievo del Conservatorio di Milano. Diplomatosi nel 1854, rientrò a Cremona, ricoprì vari ruoli: organista, direttore d’orchestra, maestro sostituto e capo-musica della banda di Piacenza (1861-1864) e poi di Cremona (1864- 1873). Coltivò parallelamente l’ambizione del teatro d’opera, dando alle scene una serie di melodrammi: I promessi sposi (1856), Bertrando dal Bormio (1858), La Savojarda (1860) e Roderigo Re dei Goti (1863). Ma fu solo con il rifacimento de I promessi sposi, dato a Milano nel 1872, che a Ponchielli arrise finalmente il successo. Sostenuto dalla Casa editrice Ricordi, debuttò alla Scala nel 1874 con I Lituani, e ottenne la consacrazione definitiva nel 1876 con La Gioconda, il capolavoro per il quale è ancora universalmente noto. Al 1879 risale poi Il figliuol prodigo e al 1885 la Marion Delorme, ultima opera scritta a causa della prematura morte, già orientata agli sviluppi del melodramma italiano realizzato poi da Mascagni e Puccini (peraltro suoi allievi al Conservatorio di Milano). Negli ultimi anni di vita Ponchielli affiancò l’attività di operista a quella di maestro di cappella alla Basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo, creando capolavori ancora poco noti della musica sacra.
La figura di Amilcare Ponchielli riveste un ruolo di grande importanza nella storia dell’opera italiana di secondo Ottocento. Egli infatti si affacciò al mondo del melodramma in un momento in cui la forza creativa di Giuseppe Verdi sembrava essersi alquanto smorzata e la cultura italiana andava alla ricerca di un sostituto alla sua altezza, che potesse mantenere alti i fasti dell’opera italiana. L’editore Giulio Ricordi riconobbe in Ponchielli il possibile erede dell’esperienza verdiana: e tale egli fu davvero, non solo con la sua produzione operistica rispettosa della tradizione italiana e al tempo stesso portavoce di istanze innovative, ma anche per il suo ruolo di didatta e formatore delle nuove leve della composizione italiana, e in particolare Mascagni e Puccini, che portarono a compimento la transizione del teatro in musica dopo l’esperienza di Verdi. Della produzione operistica di Ponchielli La Gioconda, come detto, è sempre rimasta in repertorio nei teatri di tutto il mondo; in questi ultimi anni, è in corso il recupero di altre opere considerate ‘minori’ per la loro scarsa presenza nei cartelloni delle odierne stagioni teatrali, ma salutate con pari favore dal pubblico di allora.
Oltre che operista, tuttavia, Ponchielli fu autore versato anche in altri generi musicali, lasciati sempre in secondo piano dalla critica e dai concertisti per la sua maggiore fama nel mondo del melodramma. Va tuttavia enfatizzata la sua produzione di musica sacra, nella quale si espresse con la stessa capacità e larghezza del suo comporre operistico. Va altresì sottolineata la sua ampia produzione di musica vocale da camera, così come di quella strumentale, sia sinfonica, sia da camera. Più recentemente anche la sua musica pianistica e organistica sta godendo di un giusto riconoscimento e di una auspicabile rivalutazione. Ma il genere quantitativamente più ampio, e – nel suo settore – di importanza pari alla produzione operistica, è quello della musica per banda. Ponchielli fu per oltre dieci anni direttore delle Bande di Piacenza prima, e Cremona poi. In questo ampio lasso di tempo egli compose numerosissime opere (oltre 200) coprendo tutte le possibilità richieste all’epoca: marce, ballabili, pezzi sinfonici, parafrasi di opere. La sua maestria nello scrivere per Banda venne momentaneamente oscurata dal corposo cambio che a inizio Novecento si ebbe nel mondo delle bande: cambio nella natura degli strumenti così come nella loro scrittura, che resero rapidamente obsolete le partiture precedenti. Ma la sapienza compositiva di Ponchielli bandistico è attualmente oggetto di ampia rivisitazione e rivalutazione, tanto nello studio storico delle sue partiture scritte per gli organici e le consuetudini di allora, quanto nella possibilità di una trascrizione per le Bande moderne, per le quali il repertorio godrebbe di un ampio allargamento di musiche di qualità. Per tali motivi sono quanto mai benvenute le iniziative avviate in questi ultimi anni, che stanno cercando di riaffermare la validità di tutto il corpus di musiche ponchielliane, nelle sue più diverse forme, oltre alle opere liriche, delle quali le maggiori non sono mai state dimenticate, mentre le minori attendono anch’esse una attenzione ed un recupero adeguato.